Niente si paragona a te

Da quando se ne è andato, lei può fare tutto quello che vuole, vedere chi le pare, mangiare in un bel ristorante ma niente, niente può consolarla, perché niente si paragona a te. È pure andata dal dottore, e indovinate che le ha detto? Le ha detto ragazza faresti meglio a divertirti, fai tutto quel che ti pare. Ma è uno stupido. Perché niente si paragona a te.
La canzone – si chiama Nothing Compares 2 U – sarebbe da volgere al maschile, perché l’aveva scritta quel genio di Prince. Noi l’abbiamo scoperta, amata, grazie al video in cui la interpretava, trenta e più anni fa, una ragazza irlandese con i capelli rasati, che ci guarda e la canta come se volesse accoltellarci, o una nostra carezza.
Si chiamava Sinead O’Connor, la ragazza che voleva accoltellarci, o una nostra carezza. È morta un mercoledì, il 26 del mese di luglio. La sua vita, prima e dopo quella canzone, è stata difficile, difficile.
Proprio quel mercoledì, poco prima di sapere che lei era morta, avevo postato su un social un video in cui la cantava a un programma tivù, commentando: una delle canzoni più belle mai scritte (e cantate). Ci ero capitato per le vie traverse tipiche dei social, a quel video, in effetti seguendo l’incantevole Susanna Hoffs e la storia di un’altra canzone famosa regalata (anzi, se dobbiamo credere a certo gossip, fu un equo scambio) da Prince: che di canzoni belle ne ha scritte, ma dovendo sceglierne una rimane quella cantata da Sinead. Perché niente si paragona a te.

Nel libro su Joni Mitchell ci sono un paio di storie che incrociano Sinead O’Connor.

Poco dopo l’abbattimento del muro di Berlino, lì organizzò un megaconcerto pieno di star l’ex Pink Floyd Roger Waters.
Secondo il racconto del produttore dello show, Tony Hollingsworth, il misogino Waters non avrebbe voluto artiste donne, lo convinsero citando Joni Mitchell che lui venerava. Joni accettò e cantò – non bene – ‘Goodbye Blue Sky’. Come le succedeva sempre più di frequente, non si trovò bene in compagnia dei tanti colleghi musicisti, parlerà di un gruppo di ragazzini delle scuole medie, mentre rimarrà colpita dal fatto che nell’incontro con Sinead O’Connor, di cui aveva stima, la cantante irlandese non smise di guardare per terra. A David Yaffe dirà, concentrata su quel particolare: “She had bare feet and was looking at them. She was digging her feet in the ground, never looking at me”.

Un’altra riguarda la canzone ‘The Magdalene Laundries‘, che sta in un disco degli anni novanta e mette i brividi. Le “maddalene” sono le povere ragazze che venivano rinchiuse in schiavitù nei conventi irlandesi, sovente a lavorare come lavandaie, sovente “colpevoli” di essere rimaste incinte (magari perché vittime di violenze), o a volte solo del modo in cui gli uomini le guardavano. Miss Joni pensava che Sinead O’Connor potesse interpretarla. Non sapeva che Sinead – lo racconterà in una lettera toccante – c’era stata davvero, quindicenne rinchiusa per diciotto mesi, proprio nel convento dove verranno trovate molte tombe di donne, tutte con inciso solo: Magdalene. Uno degli enormi dolori che la ragazza irlandese si è portata dietro fino a un mercoledì di luglio.